La CO2 per rimpiazzare il diesel con un combustibile pulito
Riciclare l'anidride carbonica emessa in atmosfera per produrre un carburante rinnovabile che sostituisca i combustibili di origine fossile. È il risultato scientifico principale della collaborazione tra i ricercatori Sotacarbo e il gruppo di Chimica dello Stato Solido e Nanomateriali dell'Università degli Studi di Cagliari, che ha permesso di mettere a punto un nuovo catalizzatore che converte l'anidride carbonica in dimetiletere.
Un composto organico dai tanti usi: reagente nei laboratori di chimica, propellente per bombole spray e sostituto del gas di petrolio liquefatto (Gpl).
A questi utilizzi se ne aggiunge un altro: il dimetiletere può rimpiazzare il diesel come carburante, con semplici modifiche ai motori delle automobili, col vantaggio ulteriore di assicurare prestazioni superiori grazie al suo elevato numero di cetano.
Un risultato appena pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Journal of CO2 Utilization nell'articolo scientifico "On the design of mesostructured acidic catalysts for the one-pot dimethyl ether production from CO2" (autori: Claudio Cara, Fausto Secci, Sarah Lai, Valentina Mameli, Kai Skrodczky, Patricia A. Russo, Francesca Ferrara, Elisabetta Rombi, Nicola Pinna, Mauro Mureddu, Carla Cannas).
Il dimetiletere non è tossico, non è cancerogeno e la sua combustione non produce composti solforati né aromatici. Lo studio ha dimostrato la sua idoneità a sostituire i combustibili su cui si regge il settore dei trasporti: benzina, gasolio, Gpl, nafta e cherosene.
Combustibili a base di carbonio, prodotti dalla raffinazione del petrolio, che, se bruciati, comportano l'emissione di CO2 e di numerosi composti inquinanti. Combustibili incompatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Unione Europea, che proprio in questi giorni ha approvato lo stop ai motori termici (compresi benzina e diesel) entro il 2035.
Se per le auto i motori elettrici alimentati con batterie rappresentano la soluzione più sviluppata dalle industrie automobilistiche (nonostante non risolvano il problema delle emissioni, spostandolo solo alla generazione elettrica), non si può dire lo stesso per i trasporti pesanti su strada e per i settori aereo e navale.
In questi ambiti, l'unica soluzione attualmente percorribile è il ricorso agli elettrocarburanti, i cosiddetti e-fuels: combustibili generati dalla sovrapproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e dalla CO2 separata da impianti elettrici o industriali alimentati con combustibili fossili, se non direttamente dall'aria. Un processo che trasforma l'anidride carbonica da problema in risorsa produttiva.
A livello mondiale esistono diversi studi e alcune promettenti applicazioni su scala dimostrativa. Ma la strada da fare per rendere gli e-fuels competitivi rispetto ai loro omologhi di derivazione petrolifera è ancora lunga.
E qui si collocano i risultati delle sperimentazioni condotte dai ricercatori Sotacarbo, nell'ambito del progetto "Centro di Eccellenza sull'Energia Pulita: Fase II" finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna, assieme al gruppo di Chimica dello Stato Solido e Nanomateriali dell'Università degli Studi di Cagliari.
"Ci siamo focalizzati sul design di catalizzatori innovativi a base di ossidi metallici che possono essere usati come "gabbie" per disperdere omogeneamente delle piccolissime particelle di fase attiva" spiega la professoressa Carla Cannas, coordinatrice del team di ricerca dell'Università di Cagliari.
"Le prestazioni di questi materiali sono state messe a confronto e correlate con delle avanzate tecniche innovative di caratterizzazione, anche grazie alla collaborazione con la Humboldt University di Berlino, per comprendere i meccanismi che determinano l'efficacia del catalizzatore preparato" sottolinea Mauro Mureddu, ricercatore Sotacarbo e co-autore del lavoro.
"I materiali finora messi a punto rappresentano un solido punto di partenza per lo sviluppo di catalizzatori commerciali di nuova generazione che possano contribuire a una forte riduzione dei costi di produzione del dimetiletere rinnovabile", aggiunge Francesca Ferrara, coordinatrice scientifica di Sotacarbo e tra gli autori di un articolo che offre un contributo importante allo sviluppo dell'economia circolare anche nel mondo dei trasporti.
A questi utilizzi se ne aggiunge un altro: il dimetiletere può rimpiazzare il diesel come carburante, con semplici modifiche ai motori delle automobili, col vantaggio ulteriore di assicurare prestazioni superiori grazie al suo elevato numero di cetano.
Un risultato appena pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Journal of CO2 Utilization nell'articolo scientifico "On the design of mesostructured acidic catalysts for the one-pot dimethyl ether production from CO2" (autori: Claudio Cara, Fausto Secci, Sarah Lai, Valentina Mameli, Kai Skrodczky, Patricia A. Russo, Francesca Ferrara, Elisabetta Rombi, Nicola Pinna, Mauro Mureddu, Carla Cannas).
Il dimetiletere non è tossico, non è cancerogeno e la sua combustione non produce composti solforati né aromatici. Lo studio ha dimostrato la sua idoneità a sostituire i combustibili su cui si regge il settore dei trasporti: benzina, gasolio, Gpl, nafta e cherosene.
Combustibili a base di carbonio, prodotti dalla raffinazione del petrolio, che, se bruciati, comportano l'emissione di CO2 e di numerosi composti inquinanti. Combustibili incompatibili con gli obiettivi di decarbonizzazione dell'Unione Europea, che proprio in questi giorni ha approvato lo stop ai motori termici (compresi benzina e diesel) entro il 2035.
Se per le auto i motori elettrici alimentati con batterie rappresentano la soluzione più sviluppata dalle industrie automobilistiche (nonostante non risolvano il problema delle emissioni, spostandolo solo alla generazione elettrica), non si può dire lo stesso per i trasporti pesanti su strada e per i settori aereo e navale.
In questi ambiti, l'unica soluzione attualmente percorribile è il ricorso agli elettrocarburanti, i cosiddetti e-fuels: combustibili generati dalla sovrapproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e dalla CO2 separata da impianti elettrici o industriali alimentati con combustibili fossili, se non direttamente dall'aria. Un processo che trasforma l'anidride carbonica da problema in risorsa produttiva.
A livello mondiale esistono diversi studi e alcune promettenti applicazioni su scala dimostrativa. Ma la strada da fare per rendere gli e-fuels competitivi rispetto ai loro omologhi di derivazione petrolifera è ancora lunga.
E qui si collocano i risultati delle sperimentazioni condotte dai ricercatori Sotacarbo, nell'ambito del progetto "Centro di Eccellenza sull'Energia Pulita: Fase II" finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna, assieme al gruppo di Chimica dello Stato Solido e Nanomateriali dell'Università degli Studi di Cagliari.
"Ci siamo focalizzati sul design di catalizzatori innovativi a base di ossidi metallici che possono essere usati come "gabbie" per disperdere omogeneamente delle piccolissime particelle di fase attiva" spiega la professoressa Carla Cannas, coordinatrice del team di ricerca dell'Università di Cagliari.
"Le prestazioni di questi materiali sono state messe a confronto e correlate con delle avanzate tecniche innovative di caratterizzazione, anche grazie alla collaborazione con la Humboldt University di Berlino, per comprendere i meccanismi che determinano l'efficacia del catalizzatore preparato" sottolinea Mauro Mureddu, ricercatore Sotacarbo e co-autore del lavoro.
"I materiali finora messi a punto rappresentano un solido punto di partenza per lo sviluppo di catalizzatori commerciali di nuova generazione che possano contribuire a una forte riduzione dei costi di produzione del dimetiletere rinnovabile", aggiunge Francesca Ferrara, coordinatrice scientifica di Sotacarbo e tra gli autori di un articolo che offre un contributo importante allo sviluppo dell'economia circolare anche nel mondo dei trasporti.
Parole chiave: Catalizzatori, Rinnovabili
- Marco Bellini
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